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luglio 03, 2008

Tacopina: "Soros? E' saltato per la 'sola' dei Sensi"



Camicia di lino bianca, capelli trattenuti dal gel, dice che «certo, non si aspettava le fanfare», arrivando qui. «Ma chiedo almeno di essere rispettato, perché non ho fatto nulla in vita mia per meritare gli insulti». Tacopina conviene che i tifosi tutti, le loro intelligenze, in fondo si comprano con la promessa di un futuro appena più decente. E Bologna non fa differenza. Riconosce che il resto non è così semplice. «Faccio l´avvocato penalista da diciassette anni e ho imparato che una giuria popolare non si convince con l´opening statement, ma con il closing argument. Non conta nulla dire quel che dimostrerai se non sei in grado di farlo. Conta quello che avrai dimostrato alla fine del processo. E se racconti cazzate all´inizio, quelle cazzate, prima o poi, ti trascineranno a fondo. Non do nulla per scontato negli altri, né pretendo che gli altri lo facciano con me. Ma alla mia faccia ci tengo». È un fatto che il suo primo "closing" italiano ancora non c´è stato. Doveva chiudere in quindici giorni la due diligence per il perfezionamento dell´acquisto del Bologna calcio, si è preso altre due settimane. Non è questo l´indizio di un sogno già liquefatto? «In quindici giorni non si compra nemmeno una casa. Esistono semplicemente dei tempi tecnici che non stanno pregiudicando nulla. Ho detto che il 16 luglio chiuderemo e il 16 chiuderemo. In questa avventura ci ho messo la faccia e i miei soldi. Non voglio perdere né l´una, né gli altri. Né io, né l´uomo che vorrei presentarle». Tacopina si alza e indica un signore in maglietta e infradito che, ancora assonnato, stringe una tazza di caffè americano. «Le presento Horowitz. Steve Horowitz della "Inner Circe", la più famosa banca di investimenti americana nello sport professionistico. Liverpool per dirne una». Il tipo fa un cenno e dà appuntamento per il futuro. Perché, dice Tacopina, «il nostro business plan è di cinque anni. Allora mi direte se tutto questo è farlocco». Cinque anni, per l´Italia, sono un´era geologica. Si fa in tempo persino a scoprire chi è Raffaello Follieri, il principe delle "sole", il trasformista pugliese con l´abito talare nell´armadio, capace di infinocchiare una starlette di Hollywood e Bill Clinton. Tacopina si fa serio. «Non sono un amico di Follieri. Non sono socio di Follieri, né lo sono i miei partner. Non l´ho frequentato, né lo frequento. È stato mio cliente per una vicenda civile di scarsissimo peso e l´ultima volta che l´ho sentito è stato sette mesi fa». Quando, a sentir lui, prima del Fbi, il cattivo odore fu sentito dal naso dei suoi soci. Tacopina, allora, era in corsa per la Roma e «lo studio legale Hastings che lo aveva come cliente lo propose come possibile investitore. Venne scartato subito».
Già, la Roma. Cominciata male, l´avventura è finita peggio. Con cronache demenziali di fantomatiche trasvolate oceaniche, riunioni segretissime, titolo impazzito in Borsa e un´inchiesta della Consob. «Non per mia colpa. Avevo cominciato a lavorare al deal nel febbraio del 2007, riuscendo a tenerlo segreto per un anno esatto. E avevo tirato dentro il miglior acquirente che la Roma potesse augurarsi, George Soros. Era lui che doveva comprare la Roma, non io. L´affare doveva chiudersi prima a febbraio di quest´anno, quindi a marzo, per 280 milioni di euro. Ad aprile, il giorno in cui si sarebbe dovuta mettere per iscritto la dichiarazione di interesse formale, spuntò fuori un fantomatico arabo disposto a comprare per 400 milioni di euro, senza due diligence. Quella era una "sola"… E lì è finito tutto». È un fatto che non si capisce mai, in queste storie, i soldi da dove saltino fuori. Soprattutto, se ci siano davvero. Perché dai 280 milioni di euro della Roma ai 20 del Bologna c´è una bella differenza. «Ripeto, io non dovevo comprare la Roma. Io ho comprato il Bologna». «Io» sta per "Tag partners", il fondo di cui Tacopina è azionista. Una conglomerata in cui ci sono la "Senticare" (assistenza medica agli anziani), la "Sgblocks" (riutilizzo dei container), la "Mds" (real estate a Manhattan), lo "Special opportunity fund". Una corona.

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