Uscendo dallo stadio Olimpico, giovedì sera, il presidente Ro­sella Sensi si è fermata finalmente per cinque minuti e sedici secondi con i cronisti. Ha commentato la partita, la vittoria con il Gand, poi a domanda diretta sulla società ha detto: «Mi dispiace ma di questo non parlo» . Qualcuno ha subito cambiato discorso, facendo un’al­tra domanda diretta, questa volta sul mercato. Rosella Sensi ha rispo­sto: «Mi dispiace, ma di questo non parlo». Un ringraziamento, due bat­tute sui giovani, e il presidente ha lasciato l’Olimpico.

Guardavo e riguardavo ieri il fil­mato sul sito del Corriere dello Sport e, devo dire, in quel momen­to ho avuto netta la percezione di quanto sta accadendo alla Roma. Per la prima volta, probabilmente dopo decenni. Un fenomeno strano, che qualcuno chiama distacco, altri rassegnazione, altri ancora rista­gno di passione. Per la prima volta, dopo decenni, la gente della Roma non sa. Non sa qual è il progetto, non sa qual è il futuro, non sa cosa deve e può aspettarsi. Come dicevo, soprattutto non sa. E’ calato come un muro, di incomunicabilità, un velo che fa apparire tutto sfocato.
Non passa giorno che Moratti e Cobolli, Della Valle e Berlusconi, De Laurentiis e Lotito, Zamparini e Pozzo, Preziosi e Ghirardi non par­lino delle loro squadre, delle loro idee, dei loro propositi, dei loro pro­blemi. Che sono poi le idee, i propo­siti, i problemi dei loro tifosi. Alla Roma, no. Il mercato è asfittico, ma nessuno dice nulla.
Sulla società si sono rin­corse voci per mesi - cer­tificate da alcuni comuni­cati Italpetroli - ma nessu­no dice nulla. Sulla gestio­ne della squadra, a comin­ciare dalla tribolata con­ferma di Spalletti, ci sono state novità sostanziali: ma nessuno dice o ha det­to nulla.
Alla Roma sta accaden­do un fenomeno strano. Qualcuno, come diceva­mo, lo chiama rassegna­zione. Secondo il mio pa­rere, più probabilmente una sorta di sfinimento. Fatto sta che i tifosi della Roma - una delle società più importanti d’Italia, ri­conoscibile per il nome che porta in tutto il mondo - non sognano più un ac­quisto di grido. Cosa che in tempi di crisi è anche, ahimè, comprensibile. Non temono più, parados­salmente, una dolorosa cessione. No, sono stati addirittura portati, per sfinimento, ad augurarsi la partenza di un loro fi­glio ed emblema! C’è il Li­verpool che vuole Aquila­ni e ho sentito qualcuno, per quello sfinimento di cui dicevamo, sperare che gli inglesi arrivino final­mente con venti milioni cash. Sperare nella cessio­ne del gioca­tore che dopo Totti e De Rossi è la ra­dice, l’appar­tenenza.
Può esser­ci, pensateci un po’, qual­cosa di più? Augurarsi che vada via una potenzia­le bandiera e la potenziale mezzala della nazionale per i prossimi an­ni? Si dirà: ma Aquilani negli ultimi anni è stato più in infer­meria che sul campo. Ve­ro, ma anche questo, una volta, avrebbe portato a proteggerlo ancora di più. Perché è così che si fa con i figli ( e Aquilani è figlio di questi colori) che non sono riusciti ad esprimer­si. E possono rappresenta­re davvero il valore ag­giunto.
Si dirà ancora. Il proble­ma è che alla Roma, se fosse per i tifosi, non si do­vrebbe cedere nessuno. Non è vero. Negli ultimi anni, dalla Roma, sono an­dati via Samuel, Cassano, Emerson, Chivu, Mancini. Qualcuno tra i tifosi ha ap­provato, qualcuno ha pro­testato. La differenza è che adesso, come diceva­mo, quasi ci si augura - e c’è addirittura chi sareb­be contento! - che venga ceduto Aquilani. Direte ancora: ma il Milan che ha venduto Kakà? La Fioren­tina che ha venduto Felipe Melo? L’Inter che ha ven­duto Ibrahimovic? Visto, che succede a tutti? Sì, è vero sta succedendo a molti. Solo che almeno nessuno è contento per la cessione di Kakà, solo che almeno Andrea Della Val­le ci ha messo subito la faccia per spiegare quello che sta succedendo, solo che Moratti, con i soldi di Ibra, ha rifatto la squadra. Ma il problema non è, non può essere economi­co. Perché nessuno nega o può negare quanto di grande ha fatto la famiglia Sensi per la Roma. E se la Roma ora è in difficoltà, nessuno può ignorarlo o far finta di niente. Sareb­be addirittura irresponsa­bile negare la realtà. E d’altronde, in tante occa­sioni, i tifosi della Roma nel passato hanno capito. Solo che stavolta non ca­piscono, sono rassegnati o sfiniti, perché nessuno gli parla. Nessuno gli spiega se è vero che per un milio­ne di euro ancora non è stato comprato un portie­re. Se è vero che tanti po­tenziali obiettivi, da Espo­sito a Cruz, sono già svani­ti.
Ma questo, anche que­sto, è un problema di sol­di. E il problema della Ro­ma non è solo di soldi. Un anno e mezzo fa la Roma è stata a un passo dal con­quistare lo scudetto. Que­sto giornale ha denunciato gli errori arbitrali ai suoi danni. Lo ha fatto Totti, lo ha fatto De Rossi, un po’ in ritardo è arrivato anche Spalletti. La Roma no, la Roma non ha detto nulla. Come la Roma non ha det­to nulla, non sente il dove­re di spiegare alla gente, con parole semplici, co­sa è accaduto o cosa potrà mai accadere a livello so­cietario. Ulti­mamente, ed è questo il nocciolo della questione, ai tifosi della Roma è stato tolto il diritto di sognare. E tutto questo è già inaccet­tabile. Sarebbe fondamen­tale non togliergli anche il diritto di sapere. Di parla­re, discutere, protestare, condividere, di fare quello a cui semplicemente ti spinge la passione. Come si alimenta una passione senza il confronto?
La Roma è ancora un’ot­tima squadra, ma ottima davvero, che rimanendo così lotterebbe comunque per i primi tre-quattro po­sti del campionato. La Ro­ma riesce ancora a porta­re 40 mila tifosi allo stadio per un preliminare di Eu­roleague. Dev’essere chia­ro, perciò, che questo pa­trimonio va salvaguarda­to. La Roma può anche fa­ticare e soffrire; ma non può e non deve rischiare di immalinconirsi. Que­sto, davvero, non lo per­metteremo. Per il rispetto che si deve alla gente. Per­ché - nella Roma che si au­tofinanzia - dai dirigenti, allo staff, ai giocatori, tut­ti prendono il loro lauto e ricco stipendio. Perché ­nella Roma che si autofi­nanzia - sono dunque sol­tanto i tifosi a pagare: a metterci soldi e passione. Avranno almeno il diritto di partecipare?
Visto che in casa Roma nessuno lo fa, tocca a noi aprire il dibattito.


A. Vocalelli Dir. Cor Sport Stadio